Restano troppe domande senza risposte, dopo il caos generato dalle dimissioni della direttrice Martina Bagnoli. Perché non viene lanciato un nuovo bando per scegliere il successore?
La sindaca ha un problema, anzi due. La recente grana dell’Accademia Carrara, dove la direttrice si è dimessa dopo soli 8 mesi per essere entrata in rotta di collisione con il general manager Gianpietro Bonaldi, è emblematica per capire quanto si avverta il cambio di passo rispetto al predecessore Giorgio Gori, che non si è mai sottratto al confronto con i giornalisti. La comunicazione — quella vera, non le veline ufficiali (e qui non è affatto in discussione la portavoce) — non è evidentemente nelle corde di questa amministrazione. Elena Carnevali pretende il controllo assoluto di quel che esce dal Comune. Lima, smussa, cambia, costringe gli assessori a lunghe maratone di giunta. Ma è una comunicazione finalizzata alla trasparenza, quindi disponibile a un confronto, oppure a senso unico «pro domo sua»?
Comunicazioni interrotte
Il Corriere, avuta notizia delle dimissioni di Martina Bagnoli, ha cercato invano di avere conferme dalla sindaca e dall’assessore alla Cultura, ottenendo prima solo silenzi e poi — ma soltanto la sera del giorno successivo a notizia ampiamente deflagrata — una lunghissima nota che, dopo inutili quanto prolisse premesse su quanto fosse importante e bella la Fondazione Carrara, confermava nelle ultime righe che la direttrice aveva lasciato l’incarico. Smentendo peraltro la precedente nota — davvero surreale — diramata qualche giorno prima in cui si evidenziava un clima di serenità e armonia per troncare e sopire i primi scricchiolii che arrivavano dalla governance della Pinacoteca, istituzione ibrida che a corrente alterna accentua di volta in volta la natura pubblica o privatistica, spesso a seconda della convenienza.
Ebbene, tutti i comunicati ufficiali finora diramati non accennano minimamente a una serie di questioni cruciali che avremmo voluto porre all’attenzione della sindaca, ma non ne abbiamo avuta la possibilità, visto che Elena Carnevali via messaggino ha rimandato esclusivamente alle «note» del Comune. Elencheremo dunque le nostre domande in questa sede, sperando di ottenere le risposte dovute (non al Corriere, ma alla cittadinanza).
Tre domande fondamentali
Primo quesito: chi dirige in questo momento la Carrara? Il «direttore» non c’è più, quello nuovo non ancora anche se pare ci sia un reggente che potrebbe essere candidato a subentrare. Ma come in tutte le organizzazioni complesse, ci saranno adempimenti da rispettare (gestionali e non), incombenze più o meno urgenti a cui ottemperare, rapportate al ruolo apicale.
Secondo quesito. Siamo proprio sicuri che per scegliere il prossimo direttore della Carrara si possa — come indicato frettolosamente dall’Amministrazione — pescare dalla rosa dei tre nomi da cui un anno fa era uscita Martina Bagnoli? La scelta sarebbe tra Paolo Plebani, attuale conservatore della Carrara, e Maria Luisa Pacelli, rientrata nell’organico del Comune di Ferrara dopo la mancata riconferma alla pinacoteca di Bologna da parte del ministro Giuli. Ci si dimentica però — o non si prende in considerazione — che il bando era ad evidenza pubblica. E per di più internazionale. Dei 29 candidati che hanno partecipato alla selezione non si è mai saputo nulla, né nomi né cognomi, né carriere, titoli e quant’altro. Dal limbo in cui questo bando è caduto, dopo oltre un anno, solo a mezzo stampa (ah, la trasparenza delle nostre istituzioni…) sono usciti i nomi di Plebani e Pacelli ricompresi in un terzetto finalista senza graduatoria come invece espressamente previsto a suo tempo dal bando. È da qui che il cda, ha annunciato, sceglierà il nuovo «direttore». Il tutto dopo che lo stesso Cda della Fondazione ha specificato in una nota di aver concordato (non si sa sulla base di quale giustificazione di merito e legittimità) di «non procedere alla pubblicazione di un nuovo avviso». Ma perché? Non è scritto da nessuna parte, tantomeno nel bando, che qualora il vincitore (unico) decada per qualsiasi motivo, si possa «ripescare» tra i due «idonei», ma non vincitori, e decidere discrezionalmente chi possa essere «riammesso». Ad ogni modo, qualsiasi amministratore, in questa situazione, si sentirebbe più al riparo nel lanciare comunque un nuovo bando per riproporre una procedura a evidenza pubblica cui possa partecipare chiunque. Altrimenti c’è la possibilità — ma l’assessore alla Cultura Sergio Gandi è uno stimato avvocato, avrà sicuramente valutato il rischio — che qualcuno possa impugnare la nuova nomina.
Terzo quesito: non sarebbe il caso di azzerare tutto e mettere in piedi un’architettura di governance dove finalmente i ruoli siano ben definiti in modo da non arrivare al «o lui o me» che purtroppo ha portato alle dimissioni di due direttrici in pochi anni (Emanuela Daffra e Martina Bagnoli) con conseguente danno d’immagine per la Carrara? Non è una semplice questione caratteriale, c’è un vulnus che andrebbe sanato. E il pasticcio è stato creato sotto la prima giunta Gori. La Fondazione ha istituito un direttore e un general manager (pure in questo caso non scelto con evidenza pubblica) che finiscono per pestarsi i piedi. A Brescia la Fondazione, di matrice privatistica, ha un direttore generale e un comitato scientifico. A Bergamo è opportuno che rimanga questo insidioso dualismo?
I lettori che avranno avuto la pazienza di seguirci fino a qui avranno capito che le cose sono un po’ più complesse di come voglia mostrarle la nostra sindaca. Che persiste nel rifuggire il confronto, convinta che noi, da buoni babbei, ci accontentiamo di vedere il dito e non la luna.
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