I carichi computazionali legati all’AI cresceranno del 35% all’anno, con un incremento della domanda di potenza di calcolo. Servono maxi data center, dove non lavorerà quasi nessuno. Il report di Bain
La società di consulenza strategica Bain prevede in un rapporto di fresca pubblicazione una crescita del mercato hardware e software dell’intelligenza artificiale generativa tra il 40% e il 55% annuo, raggiungendo un valore compreso tra 780 e 990 miliardi di dollari entro il 2027. Ma saliranno anche i costi dei data center. Con la crescita della domanda di potenza di calcolo, i costi potrebbero toccare i 25 miliardi di dollari entro i prossimi cinque anni. Il tutto porterà ad un inevitabile rischio di carenza di componenti: la domanda di GPU (graphic processor unit) è destinata a crescere del 30% entro il 2026. Ad ogni modo è un’opportunità per l’Italia Il mercato domestico dell’intelligenza artificiale generativa potrebbe triplicare il proprio valore entro il 2027, con un incremento in settori strategici come robotica, manifattura e aerospazio, anche se l’adozione dell’AI tra le piccole e medie imprese è ancora inferiore alla media europea.
Quanto crescerà il mercato
Tra gli ambiti più promettenti si segnalano l’espansione della domanda di computing, associata allo scalare dei modelli di AI, la crescita accelerata delle infrastrutture dei data center e la ricerca di una maggiore sovranità delle piattaforme di AI. Questi trend potrebbero portare il mercato dell’AI a sfiorare il trilione di dollari nei prossimi tre anni.
L’attuale ondata di innovazione
«L’AI generativa sta guidando l’attuale ondata di innovazione – spiega Mauro Colopi, Partner di Bain & Company e responsabile italiano TMT -. Tuttavia, per generare valore su vasta scala, le aziende dovranno trasformare profondamente i loro processi dove l’accento sull’evoluzione a scala diventa imperativo del prossimo triennio. Adottare una strategia pervasiva dell’Intelligenza Artificiale nelle diverse aree di operatività aziendale sarà cruciale per rimanere competitivi in un contesto in continua evoluzione».
Il boom dei carichi computazionali
Secondo lo studio, i carichi computazionali legati all’AI cresceranno del 25%-35% all’anno fino al 2027, con un conseguente incremento della domanda di potenza di calcolo, che spingerà i data center a evolvere verso dimensioni di oltre un gigawatt. I costi di costruzione di questi grandi data center – attualmente compresi tra 1 e 4 miliardi di dollari – potrebbero raggiungere i 25 miliardi nei prossimi cinque anni. Ma cos’è l’intelligenza artificiale? «In ultima istanza, un data center». Chi può fermarla? «I narcos messicani, più che le leggi degli Stati». E’ la tesi di Alessandro Aresu. Sardo, ex consigliere di Palazzo Chigi, tra i maggiori esperti italiani dell’impatto dell’industria tech negli equilibri globali. Nella sua “Geopolitica dell’intelligenza artificiale” (Feltrinelli), appena uscito, racconta uomini e aziende dietro l’ascesa dell’AI.
I data center come gli iPhone
Perché i data center sono fondamentali? «Se la spogliamo della “magia” degli algoritmi e ci concentriamo sull’infrastruttura, l’AI è un insieme di fabbriche che culmina nella costruzione di migliaia di costosi data center, essenziali per la vita digitale, che però è sempre fatta di elettronica, acciaio , rame, acqua, energia. Sono il luogo del capitalismo dell’AI, come la fabbrica che Karl Polanyi chiamava “mulino satanico”. Il ceo di Ndivia, Huang, ha un’idea imprenditoriale in cui al posto dell’iPhone c’è il data center, con lo stesso ruolo dominante nella filiera», ha appena detto in un’intervista al Fatto Quotidiano lo stesso Aresu.
La società dei data center senza il lavoro
E ciò permette di spiegare perché queste infrastrutture sono sempre più centrali e perché stiamo configurando una società senza lavoro. «I data center hanno bisogno di molti operai per essere costruiti ma poi ci lavorano in pochissimi. Quindi, nel sistema abbiamo una fabbrica apicale, il data center, dove non lavora quasi nessuno, che però esiste grazie ad altre fabbriche e lavoratori, per esempio cinesi, taiwanesi e ora sempre più messicani che assemblano i server per Foxconn. Poi usiamo le cose per cui ci abilitano per razionalizzare ulteriormente il lavoro. È quindi più probabile che, nella lotta del lavoro contro il capitale, il sistema capitalistico dell’intelligenza artificiale sia rovesciato, o alterato, da una rivolta di operai messicani», spiega Aresu.
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