La spesa media sostenuta dalle famiglie per la raccolta dei rifiuti si è attestata in media nel 2024 a 329 euro, con una crescita del 2,6% rispetto all’anno precedente. Migliora poi il dato della raccolta differenziata: il calcolo più aggiornato, quello del 2022, indica che seppure con molto ritardo rispetto agli impegni si è superato il 65%: si è al 65,2%, l’1,2% in più rispetto al 2021. A fare i conti con una dettagliata indagine sul settore dei rifiuti è il rapporto 2024 dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva che ha interessato la Tari applicata dai capoluoghi di provincia italiani nel 2024 e preso come riferimento una famiglia di 3 persone in una casa di proprietà di 100 metri quadrati. Catania risulta il capoluogo di provincia in cui si paga di più: 594 euro annui, senza variazioni sul 2023; Trento invece è quello in cui si paga meno: 183 euro, di poco inferiore rispetto al 2023. Dalla top ten dei capoluoghi più costosi escono Benevento, Latina, Messina e Salerno; entrano invece Andria, Cagliari, Pistoia e Trapani. Dalla top ten dei meno cari, esce Bolzano ed entra Siena. Se si guarda alle aree nazionali si scopre che al Sud si spende di più e si differenzia meno. Il Trentino Alto Adige è la regione più economica (203 euro), mentre la Puglia è la più costosa: la tariffa media è di 426,50 euro con un aumento di oltre il 4% rispetto all’anno precedente. Nel 2024 il rapporto ha riscontrato variazioni in aumento in 84 capoluoghi sui 110 esaminati; variazioni in 20 capoluoghi e situazioni sostanzialmente invariate nei casi restanti. A livello regionale, spiccano in positivo, oltre al Trentino Alto Adige che si caratterizza per la spesa più bassa e un’elevata percentuale di raccolta differenziata, anche Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Marche dove ad una Tari molto al di sotto della media nazionale , si associano i più elevati livelli di raccolta differenziata. Al Sud, dove come s’è detto si spende di più e si differenzia di meno, non esiste una regione virtuosa su entrambi i fronti. Secondo i dati raccolti dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in Italia nel 2022 sono stati prodotti circa 29,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (-1,8% rispetto al 2021). La produzione pro capite è di circa 494 chilogrammi per abitante (-1,6% rispetto al 2021), con valori più elevati al Centro (532 Kg/ab.) seguito dal Nord (506 kg/ab.) e dal Sud (454 Kg/ab.). La media nazionale di raccolta differenziata ha raggiunto il 65,2% (+1,2% rispetto al 2021) mentre il 18% dei rifiuti urbani prodotti finisce in discarica. A livello di aree geografiche il Nord si posiziona al primo posto (71,8%) seguito da Centro (61,5%) e Sud (57,5%). A livello di capoluoghi di provincia, la percentuale di raccolta differenziata pari o superiore al 65% è stata raggiunta da poco più della metà di essi (57%). In 20 capoluoghi di provincia siamo ancora al di sotto dell’obiettivo del 50%, il cui raggiungimento era previsto nel 2009. Tra questi spiccano Palermo, con percentuale di raccolta differenziata al 15,6%, Crotone al 21,4%, Catania al 22% e Foggia al 26%. «I dati del nostro Rapporto – afferma Tiziana Toto, Responsabile nazionale delle politiche dei consumatori di Cittadinanzattiva – evidenziano le criticità principali del sistema di gestione dei rifiuti, come la carenza di un’adeguata rete di impianti di raccolta e trattamento, il persistente ricorso allo smaltimento in discarica e poco soddisfacenti livelli di differenziazione dei rifiuti e recupero delle risorse, soprattutto in alcune aree del Paese. A fronte di ciò è urgente e necessario lavorare su più fronti». Nel rapporto si sostiene che «pensare solo al riciclaggio, aspetto sul quale il nostro Paese in diverse categorie di rifiuti ha raggiunto ottime prestazioni, non è più sufficiente» mentre “è necessario lavorare per ridurre la produzione di rifiuti, a partire da quei settori merceologici per i quali la raccolta differenziata non raggiunge gli obiettivi richiesti, come le AEE (di pochi mesi fa l’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia e di altri Stati membri per non aver raggiunto gli obiettivi di raccolta RAEE) ei prodotti tessili,per i quali si attende la normativa comunitaria relativa al regime Epr (Responsabilità estesa del produttore)”. Il tessile – viene spiegato – è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra, ma solo l’1% dei rifiuti tessili del mondo è riciclato correttamente; l’Italia immette sul mercato 23Kg/ab di prodotti di questo tipo all’anno a fronte di una raccolta di soli 2,7 Kg/ab «Nella riduzione dei rifiuti dovrà essere riconosciuto e valorizzato il ruolo centrale dei cittadini. Solo contro un pieno coinvolgimento di tutti i soggetti, economici e non, che hanno un ruolo nella filiera circolare – dalla produzione, all’acquisto, al riuso fino al riciclo – sarà possibile rendere praticabile una vera transizione ecologica». delle famiglie stilata ad Eures indica che l’85% delle famiglie si dichiara sensibile al ciclo dei rifiuti, ma incontrano difficoltà, ad esempio, nella composizione dei materiali di imballaggio (il 55,7%) e solo il 51,4% è orientato all’acquisto di prodotti sfusi
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