Bankitalia: «Manifattura in panne, l’economia vira in negativo». Ripartono i muti casa
«L’industria è ferma, ma pronta a ripartire». Pier Luigi Ruggiero, direttore della sede di Venezia di Banca d’Italia, ha riassunto così l’andamento della manifattura regionale. È stato proprio il passaggio critico dell’industria che ha fatto virare in negativo, da maggio, l’economia veneta, in un andamento indebolitosi poi ancora in estate e a settembre, al centro della presentazione dell’aggiornamento di fine anno del rapporto 2024 sull’economia del Veneto. Un passaggio critico, misurato da Bankitalia-Venezia con l’indicatore Venice, che misura l’andamento di fondo dell’economia. Vi si sono aggiunte poi le valutazioni delle imprese, nel sondaggio, tra settembre e ottobre, su 340 in regione: segnala il peggioramento, sul 2023, del saldo tra chi vede in diminuzione, rispetto a chi lo dà in crescita, il fatturato nei primi 9 mesi 2024 e di chi lo attende ancora in calo nei sei mesi successivi, fino a marzo 2025; peggiora anche l’andamento degli investimenti nel 2024 rispetto al previsto e quelli programmati nel 2025. E poi c’è il dato della cassa integrazione: tra gennaio e settembre sale del 50% nelle ore autorizzate, 52,2 milioni, rispetto al 2023, e del 54% nell’industria, a 48 milioni di ore.
I fattori negativi
«La prospettiva fra sei mesi è fortemente negativa e anche sugli investimenti c’è grandissima debolezza», segnala Vanni Mengotto, responsabile divisione ricerca territoriale. Su questo il Veneto, regione manifatturiera più aperta all’estero, paga la riduzione delle esportazioni, -3,5% nel primo semestre in valore e -3% in volumi, e la quasi recessione tedesca, con un pesante -8,8%, soprattutto per una regione, sottolinea Bankitalia, per cui la Germania vale il 13,4% dell’export e rappresenta il Paese con cui ha rapporti diretti il 60% delle imprese intervistate in autunno: segnalano, nella metà dei casi, la riduzione del fatturato verso la Germania; e la previsione è negativa fino a marzo 2025.
Mercati alternativi
La strategia di reazione segnalata nel sondaggio è orientarsi su altri mercati. Il punto è che anche le destinazioni alternative, come gli Usa, che vale il 9% dell’export, calano del 5,8% nel primo semestre. «Vediamo difficoltà del sistema regionale di rincorrere le nuove aree dove si crea una debole crescita del commercio internazionale», aggiunge Mengotto. «Ad incidere è la piccola taglia delle imprese: un’occasione potrebbero essere i contratti di filiera», dice ancora Ruggiero. Attenti però a non dimenticare il peso dell’industria. «Vale il 25% del Pil regionale: è molto, e fa la differenza, anche in un confronto europeo – aggiunge Ruggiero -. E anche la risposta di voler ricercare mercati alternativi non è banale: segnala la capacità del sistema produttivo di muoversi. È quello che ha tenuto a galla il Veneto negli anni più difficili».
I «salvagente»
Le imprese sono cresciute poi in solidità, rispetto alla crisi del 2008-2011, con 55 miliardi di euro di depositi e 11 di titoli a custodia, tanto che il 90% di quelle intervistate da Bankitalia ritiene di chiudere il 2024 in pareggio o in utile. A tenere a galla il Veneto, di fronte al passaggio a vuoto dell’industria, sono edilizia e costruzioni, con il primo semestre che segnala nelle Casse edili un aumento delle ore lavorate, sull’onda degli investimenti del Pnrr, ma anche degli interventi privati, con la conferma dei bonus edilizi al 50% e il calo dei tassi d’interesse che ha rilanciato i mutui casa, dopo le discese del 2023 e inizio 2024, con quasi un miliardo di euro di nuove erogazioni nel terzo trimestre e un +18% a settembre. E poi il turismo, che torna sopra i 70 milioni di presenze pre-pandemia, con un +1,3% nei primi otto mesi, grazie alla crescita del turismo estero, +3,3%. L’ultimo affondo è sul credito. Se a settembre torna in positivo per le famiglie, altrettanto non è per le imprese: il calo a giugno è dell’8,5%, a 66 miliardi (e del 9,8% per le piccole, a 10,8 miliardi), e si attenua al -4,8% a settembre. «C’è attendismo – conclude Mengotto -. La debolezza del credito, al pari della liquidità rilevata nelle imprese, è legata alla mancanza di investimenti e ordini».
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