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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA SU GOOGLE E DINTORNI:

Il governo statunitense vuole costringere Google a vendere Chrome. Il Dipartimento di Giustizia americano ha chiesto la misura al giudice federale, Amit Mehta, che lo scorso agosto ha definito illegale il monopolio di Alphabet, casa madre di Google, nel settore delle ricerche sul web. Chrome controlla circa due terzi del mercato globale dei browser (il 68% in Italia), mentre Google gestisce e indirizza l’89% delle ricerche sul web (il 94% in Italia). Secondo Mehta, Alphabet ha ottenuto questo dominio incontrastato attraverso una serie di accordi illegittimi con i principali fornitori di smartphone, tablet e pc: Apple, Samsung e altri.

Per rimediare a questa situazione, secondo l’agenzia Bloomberg, l’Antitrust americano ha suggerito alla Corte di imporre a Google la cessione del browser Chrome, la separazione del sistema operativo per smartphone Android dagli altri prodotti di Alphabet e alcuni limiti all’utilizzo dei dati per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La vendita d’imperio di Chrome – ma a quale prezzo? – rappresenterebbe un intervento senza precedenti dell’Antitrust nel mercato digitale. La misura potrebbe sovvertire gli equilibri di mercato. Negli ultimi mesi, da sole o in alleanza con colossi come Microsoft, diverse startup hanno cercato di contendere a Google il primato nelle ricerche sul web, sinora senza riuscire a scalfirlo. Il Dipartimento di Giustizia «continua a perseguire un’agenda radicale che va ben oltre il merito legale del caso», ha osservato un portavoce di Alphabet. «Un’interferenza simile del governo sul mercato danneggerebbe consumatori, gli sviluppatori e il primato tecnologico americano proprio nel momento in cui è più necessario», ha aggiunto, alludendo alla disfida digitale e commerciale con la Cina. La decisione del giudice Mehta arriverà nel 2025, quando alla Casa Bianca si sarà ormai insediato Donald Trump. Il caso Antitrust contro Google, tuttavia, è iniziato proprio durante la prima amministrazione del magnate repubblicano che, in vista del ritorno a Washington, ha nominato alla guida dell’autorità delle Comunicazioni un critico delle big tech, Brendan Carr.





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