Dall’inizio dell’emergenza 664 positività, così scatta la carneficina: a Frassineto l’ultimo caso
Quasi sei milioni di euro per 83 chilometri di recinzione e 26 mila suini abbattuti in via preventiva. Eppure, in Piemonte la peste suina africana (Psa) nei maiali circola ancora. E si diffonde anche a causa di errori umani.
Pochi giorni fa sul territorio regionale è stato confermato un nuovo focolaio di Psa rilevato in allevamento della provincia di Alessandria, a Frassineto Po. Come da prassi, i veterinari dell’Asl hanno ucciso tutti i 2 mila 400 animali allevati in questa azienda agricola. Così, oggi, il Piemonte tocca quota 9 focolai di Psa in aziende suinicole, 26 mila maiali abbattuti in via preventiva nel tentativo di bloccare l’epidemia, 664 i casi di positività tra i cinghiali e 165 Comuni dove è stata individuata almeno una positività alla Peste suina africana.
La titolare dell’allevamento suinicolo di Frassineto Po, intervistata pochi giorni fa dalla Rai, ha spiegato di aver «adottato tutte le misure di biosicurezza necessarie alla prevenzione del virus come recinzione, archi di disinfezione e filtri, ma non è bastato». Come mai, dunque, il virus riesce a entrare ancora nelle aziende? A detta di molti operatori dei servizi veterinari che lavorano assiduamente nel comparto, la peste suina africana, varca la porta delle strutture agricole più o meno grandi «proprio a causa di falle nei sistemi di biosicurezza o per comportamenti errati da parte di lavora all’interno».
Gli imprenditori agricoli hanno beneficiato di finanziamenti nazionali per investire «e accrescere la biosicurezza degli allevamenti suini evitando ai maiali e suini allevati di entrare in contatto con il virus della Psa» come anche per risarcire i danni per i mancati incassi (e la ricostituzione dell’allevamento) conseguenti agli abbattimenti. Qualche esempio. Nell’ottobre del 2022 una determina dirigenziale della Regione ha destinato poco meno di 5 milioni e 400 mila euro di Fondo Europeo agricolo per lo sviluppo rurale proprio alla prevenzione della Psa negli allevamenti suinicoli.
Sui ristori legati agli abbattimenti degli animali, invece, Cristina Bagnasco, attualmente la direttrice provinciale di Confagricoltura Alessandria, però, precisa che «gli allevamenti che hanno dovuto azzerare la produzione in passato, non prendono contributi da novembre 2023 e solo pochi giorni fa il Ministero ha stanziato nuove risorse». A proposito del diffondersi della peste, invece, Bagnasco ammette che, per quanto gran parte degli imprenditori si siano mossi per garantire il massimo livello di biosicurezza dentro le aziende, restano zone grigie «che possono permettere al virus di entrare; basti pensare ai tanti mezzi a motore che entrano ed escono dalle strutture».
A fine settembre l’attuale commissario straordinario per la Psa, Giovanni Filippini, aveva dichiarato: «Per il Piemonte si profila l’uscita dalle misure più restrittive imposte da oltre due anni dall’epidemia di peste suina africana». Ma la verità è che, nonostante da due anni a questa parte, si siano susseguiti stanziamenti, ristori, provvedimenti contenitivi, avvicendamenti di commissari straordinari, abbattimenti massivi di cinghiali e maiali: la malattia circola ancora. Ed è indispensabile, oltre che urgente, interrogarsi sulla sostenibilità del nostro sistema produttivo principalmente carnivoro.
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