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IN SMART WORKING 3,7 MILIONI, TANTI ANCHE IN ABRUZZO. NADDEO, “LEVA PER RIPOPOLARE AREE INTERNE” | Notizie di cronaca


L’AQUILA – I lavoratori “agili”, “da remoto”, in modalità smart working, come li si vuole definire, avevano toccato nel periodo drammatico della pandemia del covid, nel 2022, la cifra enorme di 6,6 milioni di persone. Sono scesi poi nel 2024, terminata l’emergenza, a 3,5 milioni, ed oggi nell’ultima stima aggiornatissima dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, sono di nuovo in crescita e si attestano sui 3,7 milioni. A dimostrazione che questa modalità di lavoro non è affatto in declino e dicono già altri numeri in via di elaborazione, che molti dei lavoratori hanno scelto come residenza un piccolo paese dell’entroterra, compresi quelli dell’Abruzzo, andando via dalle città e aree metropolitane.

Partono da questi numeri le riflessioni, nell’intervista ad Abruzzoweb, di Antonio Naddeo, presidente dell’Aran, l’Agenzia italiana che rappresenta legalmente le Pubbliche Amministrazioni nella contrattazione collettiva nazionale.

“Lo smart working è uno degli strumenti che può favorire il ripopolamento dei piccoli comuni – esordisce Naddeo -.  Sono già molte  le pubblica amministrazione che lavorano in smart working, e molti dei dipendenti lo fanno dai piccoli centri, si sono trasferiti fuori città, e l’efficienza, se c’è una buona riorganizzazione non diminuisce, anzi avviene anche il contrario. Se si riesce  a conciliare i tempi di vita e di lavoro dei giovani, in particolare, e farli rimanere nei paesi anche dell’Abruzzo,  allora saremo in grado di dare una finalmente una risposta concreta al fenomeno che sembra inarrestabile dello spopolamento”.

Naddeo questi concetti li ha espressi anche nel corso del dibattito del convegno “Il lavoro agile come strumento spopolamento dei piccoli comuni d’Abruzzo” che si è svolto giovedì scorso a palazzo dell’Emiciclo a L’Aquila, alla presenza del presidente del Consiglio regionale, Lorenzo Sospiri e dell’avvocato Francesco Maria Spanò, che ha presentato il libro “Lo smart working tra la libertà degli antichi e quella dei moderni”.

Altri dati interessanti che sono stati forniti, sempre del Politecnico di Milano, quelli per i quali il 96% delle grandi aziende hanno consolidato al loro interno iniziative di smart working, mentre per le pmi si scende al 53% e si risale con la pubblica amministrazione al 65%.
Inoltre il 35% delle grandi aziende del 23% delle pubbliche amministrazioni intendono implementare questo strumento,  che ad oggi oscilla in media dai sette e nove giorni al mese.

Alla domanda “cosa faresti se l’azienda per cui lavori decidesse di abolire lo smart working?”, il  73% si dice “contrario”, con il 9% che risponde “mi metterei sicuramente alla ricerca di un altro lavoro”, il 18% valuterebbe la possibilità di cercare un altro lavoro, il 46% risponde “riterrei la scelta per me svantaggiosa e cercherei di contrastarla”.

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Ci sono poi a disegnare lo scenario demografico attuale, i dati sempre preziosi della fondazione Openpolis, secondo i quali l’Abruzzo ha oggi grosso modo la stessa popolazione del 1951: 1,28 milioni di persone, all’epoca del primo censimento nell’Italia del dopoguerra. Ma si tratta di una stabilità solo apparente, perchè nei Comuni periferici e ultraperiferici della regione, dal 1951 la popolazione è diminuita del 31,4%, un calo superiore a quanto registrato a livello nazionale per i territori con le stesse caratteristiche (-20% nello stesso periodo). Complessivamente, dal 1951 al 2020, le aree più periferiche hanno perso quasi 100mila abitanti, di cui 11mila nell’ultimo decennio.

A maggior ragione prosegue Naddeo, “occorre  l’iniziativa delle Regioni, a livello di incentivi di politiche che favoriscano la residenzialità dei lavoratori in modalità agile, nei piccoli centri,  e la volontà dei piccoli comuni di cogliere questa opportunità destinata a consolidarsi, garantendo i servizi essenziali, una buona connessione che comunque è già molto diffusa e economicamente  accessibile, spazi di coworking”.

Anche perché, i vantaggi ci sono, al di là del tema dei piccoli centri, e del contrasto allo spopolamento, sia per le aziende che per i lavoratori.

Per il lavoratore c’è l’opportunità di risparmiare tempo, evitando il traffico e i troppi spostamenti, il poter stare con la famiglia, il conciliare insomma il tempo di lavoro con il tempo di vita. Ma guardiamo anche i vantaggi per l’azienda e l’amministrazione, che risparmia in costi di gestione, si pensi a riscaldamento e luce, per le pulizie, e anche per quello che riguarda gli spazi. Ad Aran ad esempio siamo 50 dipendenti, abbiamo cambiato sede da poco, e grazie allo smart working,  abbiamo dimezzato lo spazio necessario, creando anche  degli open space, e questo significa pagare un affitto per la sede molto più basso”.

C’è però un aspetto culturale da superare, che riguarda la dirigenza delle aziende pubbliche e private: “lo smart working necessita di una forma di organizzazione del lavoro completamente diversa da quella in presenza. Chi deve cambiare approccio è in primis il dirigente, perché non c’è più il controllo fisico, il controllo della presenza, ma c’è un controllo sugli obiettivi. L’efficienza non deve essere compromessa, ed essa è legata alla capacità del leader, e non conta se il dipendente lavora in presenza o da remoto”.

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